Hanno incantato il pubblico con le loro sonorità elettroniche e sperimentali: sono gli A tea with Alice, progetto nato a Bari nel dicembre del 2010 e Premio della Critica alla 19^ edizione di Voci per la Libertà – Una Canzone per Amnesty.

 

Breve bio degli A tea with Alice

a tea with alice vxl 2016 small

 

Chi sono A tea with Alice? Il tè con Alice è, come nel romanzo di Lewis Carroll, un sogno ambientato in un mondo sotterraneo fatto di paradossi e suggestioni. Il gruppo è composto da quattro musicisti: alla voce di Cecilia, mentre Daniele, Nicola e Adriana si occupano di sintetizzatori, campionamenti e rumori elettronici senza l’utilizzo di strumenti acustici. La loro particolarità è salire sul palco mascherati: Regina di Cuori, Bianconiglio, Cappellaio Matto e Stregatto, ovviamente i personaggi del famoso racconto di Lewis Carroll. Il loro sound è un connubio di ritmi post-dubstep e IDM, suggestioni ambient e sonorità tipicamente trip-hop che fa da sostegno all’eterea voce e ai testi di Cecilia, in lingua inglese e italiana.

Negli anni gli ATWA affiancano sul palco artisti di spessore internazionale e nazionale come Manu Chao, Caparezza, Francesco Tristano, Marta Sui Tubi e Bud Spencer Blues Explosion, per citarne alcuni. Il loro nome compare nelle line-up di festival ed eventi rilevanza locale e nazionale come il Giovinazzo Rock Festival, il 1MFestival, Contaminazioni, il BleepMode Festival e hanno suonato più volte al Teatro Margherita di Bari, tra le altre venue. Il primo album, Lotux, è uiscito nel 2015 e realizzato grazie ad una campagna crowdfunding su Musicraiser.

L’intervista agli A tea with Alice

Vi va di raccontarci come è stata l’esperienza del festival Voci per la Libertà? Perché avete scelto di partecipare? Quali erano le vostre aspettative? Come vi siete trovati?

Conosciamo da anni il festival Voci per la Libertà ma, pur essendo personalmente sensibili alle tematiche affrontate da VxL e da Amnesty International, non avevamo mai affrontato esplicitamente questi argomenti preferendo testi più introspettivi.
Quest’anno invece abbiamo partecipato con la canzone Colore (presente nel nostro primo Lp in uscita nei prossimi mesi), che per noi rappresenta una novità: affrontiamo in questo brano il dramma dei migranti, immaginando le sensazioni che prova chi affronta una traversata in mare verso un posto nuovo, un misto di speranza, terrore, incertezza. Quando è uscito il bando di Voci per la Libertà 2016, abbiamo subito pensato che finalmente potevamo parteciparvi. Onestamente non ci aspettavamo di vincere addirittura il premio della critica, che ci fa onore. Siamo partiti, come sempre, con l’obiettivo di conoscere piuttosto che competere, e le nostre aspettative sono state più che soddisfatte: abbiamo conosciuto musicisti provenienti da tutta Italia e stretto amicizia con alcuni di loro, ci siamo confrontati con generi musicali totalmente diversi, siamo stati accolti calorosamente da un’organizzazione al tempo stesso professionale e simpatica.

cantante ATWA smallCome nascono gli ATWA?

La nostra avventura come A tea with Alice ha inizio verso fine 2010 con una formazione ben diversa da quella attuale (Niky è l’unico membro fondatore rimasto), e nel corso degli anni – nonostante i numerosi cambi di formazione – abbiamo sempre mantenuto la stessa idea di base: portare sul palco uno spettacolo di musica elettronica suonata dal vivo, e sempre aperta all’evoluzione e alla contaminazione con qualsiasi ispirazione musicale. In questi anni abbiamo suonato su tanti palchi, piccoli ma anche grandi, ad esempio in apertura per Manu Chao, Marta sui Tubi, Bud Spencer Blues Explosion, ma anche in tanti locali della Puglia e ultimamente in giro per l’Italia. Da un paio d’anni la formazione si è assestata sugli attuali quattro componenti, e ci piace definirci ormai più come una famiglia che come gruppo musicale!

Da dove arrivano le vostre influenze musicali?

Le nostre influenze arrivano innanzitutto dall’Inghilterra, da Bristol per l’esattezza. Nella nostra musica infatti salta subito all’orecchio il trip hop dei Massive Attack, dei Portishead, di Tricky. Ma, come già detto, ci piace mescolare le carte e lasciare che ogni ascolto, in qualche misura, possa contaminare il nostro sound. E allora in alcuni brani si può riconoscere il dubstep, in altri la drum’n’bass, in altri ancora – i più recenti – abbiamo provato a sconfinare nei territori del blues e dell’afrobeat, pur suonando “senza legni”, ossia senza chitarre, basso e batteria, ma solo con strumenti elettronici (sia digitali che analogici) oltre alla voce di Cecilia.

Quali sono i vostri progetti per il futuro?

Attualmente siamo al lavoro per il nostro primo Lp, che dovrebbe uscire in autunno. È totalmente autoprodotto: attualmente non abbiamo nessuna etichetta alle spalle, e quindi abbiamo finanziato la produzione del disco tramite crowdfunding su Musicraiser, una piattaforma online che consente di raccogliere fondi per la realizzazione di progetti musicali offrendo in cambio ricompense per i propri fan, che così contribuiscono direttamente alla produzione. Oltre il disco, il nostro obiettivo per il futuro è: suonare, suonare, suonare!

Venite da Bari: com’è la situazione musicale nella vostra città? Ci sono spazi per esibirsi e far conoscere la musica emergente?

La situazione musicale a Bari e in Puglia è molto particolare: da anni il nostro territorio è caratterizzato dalla proliferazione di tante proposte interessanti di band e cantautori emergenti, che però faticano a trovare spazi adeguati per dare rilevanza alla propria arte. Ma negli ultimi tempi qualcosa si sta muovendo, dal Medimex a vari eventi che vengono sempre più spesso organizzati a Bari come nel resto della regione.
Un bell’esempio è il Cellamare Music Festival, a cui parteciperemo a fine agosto. Si tratta di un festival nato per scherzo, una goliardata iniziata con un fake event che raccoglieva tutti i gruppi musicali emergenti pugliesi, compresi alcuni che non esistono più. In poche ore è diventato virale, catalizzando l’attenzione di media locali e nazionali. In pochi mesi, anche grazie ad una campagna crowdfunding, il gioco è diventato realtà, e dal nulla è nato un festival finanziato dal basso e che promuove realmente la musica emergente. Speriamo che presto altri seguano l’esempio, magari anche le istituzioni, in modo da creare un movimento musicale più organico e dare visibilità alla musica emergente!

 

Colore: il brano in concorso

copertina atwa

 

Sotto me il blu
mi dondola fino all’alba
e viaggerò sans papier

ma tu non credi che è in noi il confine?

ma il terrore ha un odore
e il mare cambia colore

don’t ask me, don’t ask me, don’t
don’t ask me, don’t ask me don’t

ma il terrore ha il mio odore
e il mare cambia colore

don’t ask me, don’t ask me, don’t
don’t ask me, don’t ask me, don’t.

 

 

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