Sono i vincitori dell’ultima edizione del festival Voci per la Libertà – Una Canzone per Amnesty: i Do’storieski si raccontano in questa bella intervista a cuore aperto, in cui Leo e Alberto ci parlano del loro brano vincitore, della loro scelta di partecipare ad un evento legato ai diritti umani e del loro futuro artistico.

 

Breve bio dei Do’Storieski

I Do’Storieski sono un progetto nato nel 2011 dalla collaborazione di Leo Miglioranza e Alberto Cendron.

In quell’anno si mettono subito a lavorare assieme al progetto “Ostaria”: l’osteria è infatti l’esperienza di vita che accomuna i due (Leo aveva i nonni osti e ci ha passato parte dell’infanzia – Alberto ha lavorato in più di un’osteria storica negli anni di studio) e viene scelta come luogo fisico per parlare del territorio (trevigiano) e della sua popolazione. L’osteria come luogo di incontro, di scambio, di condivisione. Luogo nel quale talvolta qualcuno trova una parola di conforto, una vecchia conoscenza, la compagnia di sempre, il gioco, il canto, l’allegria e un calice di buon vino. Osteria non è un album che vuole ricordare i tempi passati con un velo di nostalgia, ma vuole anche raccontare il presente di un crogiuolo di identità e di umanità. Perchè l’osteria ha la straordinaria capacità di accogliere e avvicinare gli esseri umani.

Dopo la loro seconda opera “Descanto” (2014), che parla della trasformazione del territorio che ha come contropartita il cambiamento degli abitanti che lo popolano, il duo pubblica nel 2016 l’album “Disintegrati” (contenente il brano vincitore al concorso) nel quale si affronta il tema attuale delle migrazioni, spostandoil punto di vista sul concetto di integrazione. L’integrazione di fatto non riguarda solo i “foresti” (come nei luoghi di origine dei due vengono chiamati tutti quelli che non sono nati sotto un dato campanile) ma anche i veneti: mette tutti sullo stesso piano e costringe a fare i conti con quello che si è. L’album è anche uno spazio e per la sperimentazione musicale e linguistica: nel primo caso perchè sono stati suonati strumenti costruiti artigianalmente dai Do’Storieski e dalla Band (come le cigarbox guitar, il basso bidofono, i katzoo di bamboo), nel secondo perchè convivono il dialetto veneto, l’italiano e l’italiano parlato dai foresti che se ad un primo ascolto appare buffo e sgrammaticato in breve tempo si carica di un energia comunicativa enorme e poetica.

L’intervista ai Do’Storieski

dostorieski palco voci per la liberta

 

Leo tre anni fa ha partecipato e vinto il festival Voci per la Libertà: come vi siete trovati invece quest’anno insieme? Come avete vissuto questa esperienza? Perchè avete scelto di partecipare ad un festival come il nostro che parla di diritti umani?

Proprio grazie al fatto che tre anni fa partecipai al Festival Voci per la Libertà – Una Canzone per Amnesty, e mi accorsi della serietà e della professionalità impeccabili con le quali viene organizzato nei minimi particolari, che ho deciso di ritornarvici.
Tre anni fa vi partecipai con un pezzo mio (Na colomba bianca) che avevo scritto ancora prima della guerra in Iraq, per scongiurarla in qualche modo. La guerra purtroppo poi c’è stata. E il tema è rimasto molto attuale: le mine antipersona comunque sono ancora troppo diffuse in molti paesi del mondo. Il progetto Do’storieski esisteva già da prima di tre anni fa, ma i temi presenti nei primi due album erano lontani da quelli richiesti dal concorso. Finalmente con Disintegrati abbiamo spostato l’obiettivo sul tema integrazione e, grazie anche al consiglio di una nostra cara amica, abbiamo deciso di iscriverci per far conoscere la storia di Mustafà che sente grande nostalgia del suo paese d’origine, e dei silenzi dei del deserto del nordafrica. Lui in cerca di fortuna e alla fine guarda una luna che trova uguale anche qui.La luna rappresenta una fortuna che non cambia. Fortuna che non ha. La forza del testo sta proprio nel fatto che la storia è raccontata in prima persona. Mette l’ascoltatore al posto di Mustafà, gli fa vivere le stesse sensazioni. Anche la lingua è un italiano modificato dall’accento di un nordafricano. La storia è reale. Di più: è nostra.L’emigrazione è un dramma. Noi veneti l’abbiamo conosciuta in passato, un passato vicino, ma che ci sembra distantissimo. Perché alla fine il vero dramma è che, quando si salta una generazione, la successiva vede i fatti quasi impossibili. Tende a dimenticare.

Siete i vincitori del Premio Amnesty International Emergenti: cosa rappresenta per voi questo riconoscimento?

L’emozione è stata grande per noi e il risultato ha superato le aspettative. Per un duo (ormai di una certa età) che affronta la vita e la poetica della vita in modo ironico a volte cinico e dissacrante il premio Amnesty rappresenta, con soddisfazione, una rivelazione: tutte le storie sono importanti per quanto piccole e intime sia che parlino di veneti o di immigrati fanno parte della nostra esistenza, la rendono ricca e libera da pregiudizi. Vincere il premio Amnesty è stata una gioia immensa nel veder riconosciuto il nostro lato più umano e nascosto.

Secondo voi la musica e l’arte in generale possono realmente fare qualcosa per migliorare il mondo?

L’arte intesa come bellezza è stato uno dei motivi per cui il mondo si è incontrato nel passato nell’intento di scambiare meraviglia, cultura e conoscenza. Da questo incontro sono nati capolavori di ogni forma espressiva, innovazione, letteratura senza tempo, leggende e miti comuni a quasi tutto i pianeta. Oggi non siamo sicuri sia più lo stesso. Tuttavia se il raccontare la piccola storia di un uomo può ancora emozionare la speranza rimane viva e pulsante. Forse l’arte va cercata vicino a noi a un palmo dagli occhi di chi la propone, uscendo nel mondo e, ogni tanto, lontani dalla confortante, roboante, terrificante e rassicurante globalità del pensiero.

Il vostro ultimo album, DISNTEGRATI, parla in realtà di integrazione: cosa si può fare, secondo voi, per attuarla realmente?

L’integrazione è una priorità dell’essere umano sin dalle sue origini. La necessità di vivere insieme ad altri esseri umani definendo regole e diritti (umani) condivisi per avere le migliori condizioni possibili.
L’integrazione è una pulsione dell’uomo volta a un miglioramento già di per sé e scaturisce intimamente senza induzioni, religioni o dottrine. L’integrazione non è necessario attuarla ma liberarla da pregiudizi, accoglierla. Imparare la lingua ovvero comunicare è il primo passo. Per questo abbiamo scoperto così commovente l’italiano incerto degli stranieri in cerca di radici nella nostra terra e allo stesso tempo poetico il dialetto che sa della nostra terra. Innalzare barriere o dividere, categorizzare il mondo si allontana da questa ancestrale necessità e rende tutto più gretto, strumentale e disumano.

In questo album sono stati usati anche strumenti costruiti da voi: perchè questa scelta?

Il cigarbox guitar è uno strumento diffuso nel sud degli Stati Uniti. È in pratica un scatola di sigari (fumati con soddisfazione da latifondisti bianchi) alla quale veniva attaccato un bastone e tre corde. In origine era lo strumento con cui gli schiavi afroamericani cominciarono a esprimere il blues. A noi è sembrato interessante questo ritorno a sonorità semplici e potenti. Incredibilmente vicino alla terra le quali hanno condizionato la scrittura musicale di molti brani di Disintegrati alla ricerca di una essenzialità carica di comunicazione sia nel testo che nelle note.

La classica domanda: progetti per l’estate e il futuro?

L’estate ci vedrà impegnati in festival importanti, primo fra tutti Suoni di Marca il 25 luglio sulle mura di Treviso ma anche Bafest a Sanbiagio di Callalta e Yess fest a Caerano san Marco. L‘intento è anche quello di trovarci (con la dovuta calma) a definire il prossimo album che racconterà nel modo delle favole storie di bestie e creature bestiali fra mito popolare e realtà.

Tuto a contrari: il brano vincitore

DoStorieski disintegrati 300x300

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(tratto dall’album DISINTEGRATI)

Bireti a la prissioni tu dessi dai me

I manchi diserti i voli diri che

Silenzi è silenzi e conosci di te

Io chi no conosci pi nienti

Qhi tuto rovesci a contrari

mari chi unisci terra dividi

Qhi tuto rovesci a contrari

mari chi unisci terra dividi

Bireti a la prissioni tu dessi dai me

Io ndati questura che dici

Casa lavori trovari restari

Io guardi la luna che dici

Se tu lontani io sempre uguali

Rit.

E fabrica brusci virnici

Casa lavoro cercari cercari

Io guardi pianura che dici

Tutta di terra radici può fari

Rit.

Per approfondire