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È uscito il IV numero del 2015 della rivista I Amnesty, dedicato al tema delicato della sorveglianza massiccia da parte dei governi attraverso Internet, della violazione al diritto alla privacy e dell’impatto di questo fenomeno sul lavoro in difesa dei diritti umani.

 

Abbiamo chiesto a Giovanni Ziccardi, esperto di informatica giuridica e del controllo su Internet, di spiegarci il suo punto di vista su questo tema complesso. Edward Snowden, a oltre due anni dalle sue rivelazioni che hanno fatto tremare il governo americano, ci parla della forza di un’opinione pubblica informata e Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia, fa un quadro di alcune legislazioni europee in merito.

Vi proponiamo inoltre un articolo di Francesco Sebregondi, studioso di Forensic Architecture, che ha lavorato a fianco di Amnesty International alla Piattaforma Gaza, un progetto di cartografia partecipativa, creato per fare chiarezza su quanto avvenuto a Gaza durante l’ultima campagna militare israeliana.

 

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Nel numero online potrete leggere anche due interessanti articoli sulla situazione in Egitto e sull’attacco all’ospedale di Medici senza frontiere in Afghanistan!

Troverete un numero ricco d’interviste: ad Antonio Marchesi, presidente di Amnesty International Italia, per parlare della nuova posizione presa dall’organizzazione sui diritti relativi al “sex work”; a Roberto Berardi, sopravvissuto alle terribili condizioni carcerarie della Guinea Equatoriale; e a Ivan Cattaneo, in occasione dell’uscita del disco tributo “Un tipo atipico” di cui parte del ricavato verrà devoluto ad Amnesty International.

E ancora le recensioni, le attività di Amnesty in Italia, le news, le buone notizie, le gallerie fotografiche, gli approfondimenti, i video e gli appelli da firmare!

Per sfogliare la rivista basta visitare il sito www.trimestrale.amnesty.it, dove oltre a scaricare gratuitamente il pdf con i link multimediali a seguito di una semplice registrazione, saranno disponibili alcuni dei contenuti del numero appena pubblicato.

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EDITORIALE

foto marchesiCara amica, caro amico,
c’è qualcosa di vecchio e qualcosa di molto nuovo nel tema della sorveglianza a cui è dedicato questo numero. Sappiamo da un po’ tempo che, negli anni Ottanta, alcuni gruppi della Sezione Italiana erano sorvegliati da funzionari di polizia, i quali riferivano regolarmente alle questure di appartenenza. I rapporti cartacei prodotti all’epoca, ormai piuttosto sbiaditi, sono conservati nel nostro archivio storico (e descritti in un capitolo dell’interessante volume di Andrea Maori, “Libertà sorvegliata”, Reality Book). In quello stesso periodo, ignorando che in Italia eravamo oggetto dell’attenzione della polizia, visitai il Segretariato Internazionale a Londra e rimasi colpito dalla doppia porta d’ingresso e dalle procedure laboriose per accedere all’edificio. Mi fu spiegato che era necessario per proteggere le informazioni fornite da persone, la cui identità non doveva essere rivelata ai governi dei rispettivi paesi (e per rassicurare le nostre “fonti” in tal senso). Il problema della sorveglianza e delle sue implicazioni per il godimento dei diritti umani, dunque, non è una novità. Oggi, però, ha assunto una portata infinitamente maggiore e si è arricchito di significati ulteriori. Da un lato, i mezzi a disposizione fanno apparire quasi patetici sia gli strumenti utilizzati per il controllo (la presenza fisica d’infiltrati), che i sistemi per difendersi (la massiccia porta in legno) di una volta. Dall’altro, le violazioni, potenziali o effettive, dei diritti umani che l’attività di sorveglianza comporta o rende possibili sono cresciute a dismisura. E se un tempo Amnesty International si preoccupava principalmente di tutelare i propri contatti, oggi è chiamata a proteggere i diritti di una comunità globale di difensori dei diritti umani. E tutto ciò avviene nel quadro di una “partita” nella quale le più grandi potenze del mondo hanno investito risorse ingenti, per mettere in piedi sistemi di sorveglianza capillare di massa, in totale assenza di presupposti legittimi, di trasparenza, di controlli e di garanzie: in spregio totale, in altre parole, dello stato di diritto e del principio di legalità che ne è alla base.

Antonio Marchesi, presidente di Amnesty International Italia